Pioggia, compiti e considerazioni sparse

Giornata di pioggia. Oggi devo fare i compiti.
Su suggerimento di una persona cara, mi metto a fare l’esercizio di scrivere, che di solito mi aiuta a fare ordine. Parlo proprio della testa, non dei pezzi di lego. Quelli, tranquille/i, finiscono sempre sotto i piedi nei momenti meno opportuni, con traumi di maggiore o minore entità, di solito variabili a seconda del sesso del malcapitato….
Ma partiamo dal principio.
Ci sono giorni in cui è proprio un casino. Di quelli che se ci pensi il giorno dopo ti metti a ridere, di gusto, ma il giorno stesso: apriti cielo! [E non solo in senso lato, eh. Anche proprio “apriti, maledetto di un cielo!” che sta pioggia è già bastata per ottobre, novembre e mettiamoci anche l’Avvento di dicembre (che Natale piace sempre, anche alla pioggia).]
Dicevo…giorni in cui non si funziona. A partire dallo sconforto nell’indossare il calzino sul piede ancora umido dopo la doccia. Uh, che nervi. E perché non menzionare la difficoltà nel trovare due capi d’abbigliamento che non dico si intonino, ma che almeno non facciano partire un trip psichedelico alla prima occhiata. Il disagio, proprio. Oggi però no, non citerò mirabolanti vicende di latte versato (o caffè, nella versione over 18), sono già state spese troppe parole e inutili proverbiali lacrime in merito.
Dicevo…in pratica, giorni in cui saresti anche partita con il piede giusto, ma le galassie intere lavorano contro di te. O almeno così pare.
Insomma, si prenda una giornata a caso in cui va tutto storto (leggi “demmerda”).
Ecco, io in quelle giornate ho sempre la sensazione di non funzionare a pieno regime. Un po’ come quando nei sogni voglio difendermi dal cattivone di turno e non ci riesco mai. Niente. Al massimo della scazzottata il mio risultato è l’equivalente di due carezze, per l’avversario.
Che poi, se ci penso bene, in quelle giornate in realtà funziono, a giri un po’ ridotti, ma arrivo a sera. E forse non è un male accorgersi che sono gli altri ritmi, quelli frenetici, a essere totalmente sopravvalutati.
Che dire, avevo tante situazioni quel tantino tragicomiche da descrivere e raccontare, ma di recente ho ricevuto una gran bella notizia. E quindi oggi va tutto bene.
Mi sa che, forse, oggi funziono.
Fantastico, perché anche il compitino ha funzionato. Ora sì che c’è armonia intorno.

E quindi, con una nota di positività do il benvenuto al primo inverno con la sua carica di malinconia per i tempi che furono, per quella che ho perduto e per quella che ho ritrovato, per quella che ero, per quella che sarò. Per quella che pensavo di essere e per quella che ancora non so che sono. Insomma, benvenuto inverno…e con questi sbalzi d’umore e d’amore, benvenuta anche a te, schizofrenia!

PS: immagine di copertina gentilmente offerta da quell’astro nascente della pittura moderna, mio figlio A. Io l’ho adorata. Ah…so che sembra una scogliera che si tuffa nel mare, con il sole al tramonto…si sappia, invece, che l’artista ha voluto ritrarre zucca e melograno, ovvero la natura morta dell’attuale centrotavola. E Van Gogh muto, proprio!

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