Supereroe

La mia mano ti basta. La mia mano, la tua manina. E il mio cuore esplode di amore. Non ti serve altro, ti basta accarezzare il mio dito per sapere che io sono qui, accanto a te. E tu riesci a tranquillizzarti. E non ti sento più piangere. E la tua ferita non fa più male. Sei un grande, figlio mio. Sei un campione. Sei una roccia. E mi stupisco di quanto sei capace. Ammiro la tua tenacia, che mi sorprende, perché non immaginavo nemmeno lontanamente quanto già fossi perfetto. Quanto hai imparato in poco meno di un anno di vita, quanto sei in grado di combattere, quanto mi dimostri di sapere. Dovrei essere io a dirtelo, e invece sei tu, ancora così piccolo, ad insegnarmi ad avere fiducia. E stai già meglio. E io sto già meglio.

La mamma è qui. Poterti consolare solo con una carezza, con la forza del contatto, è un’emozione talmente potente che il cuore mi scoppia nel petto e mi rendo davvero conto a che punto può arrivare l’amore di una madre per il figlio. È magia, è realtà, è il mondo intero in un gesto. È l’universo. È il Big Bang, dove tutto ha inizio ma non ha una fine. Perché non esiste limite per quello che provo per te, figlio mio. Per tuo padre e per la famiglia che siamo.

Non possiamo stringerti, non possiamo abbracciarti. La tentazione di venire in braccio sarebbe solo frustrazione per te, che non ti puoi muovere dal lettino. Tu non lo sai, ma mentre stai dormendo il papy ed io ti baciamo, ascoltiamo il tuo respiro, sentiamo il tuo profumo e lo teniamo stretto, perché sappiamo che da sveglio non potremo starti così vicino e allora ce lo vogliamo ricordare per averti addosso, anche se non fisicamente.

Starti lontano dopo averti lasciato in sala operatoria è stata una prova di vita. Man mano che il tempo passava, aumentava il bisogno – istintivo, atavico, primordiale – di rivederti e di saperti al sicuro. Consapevoli che saresti stato bene, saresti stato curato.

Manca poco al tuo primo compleanno. Quasi un anno fa ti tenevamo per la prima volta tra le braccia. Rivedere i tuoi occhietti vispi aprirsi dopo l’intervento, nonostante il risveglio turbolento, è stato come rivivere il primo momento di noi tre insieme. Un’emozione per cui, ancora adesso, non riesco a trovare le parole giuste, perché quelle che mi vengono in mente sono “troppo poco”.

Posso solo citare ciò che scriveva il papà un anno fa…

Alcuni sostengono che l’anima pesi 21 grammi, ma noi ora siamo sicuri che ne pesa 3770. A., 02.12.2014

Sei il nostro supereroe.

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