E per fortuna la notte portava consiglio…

Ci sono giorni in cui lo sconforto ti prende e ti porta via come neanche Vasco dei tempi migliori sa fare. Ma peggio ancora, ci sono notti in cui lo sconforto ti assale. E non se ne va in fretta come è arrivato, ti si appiccica addosso peggio delle zanzare d’estate. Ti alzi e stai uno schifo, ti senti come quelle nei film, che risolvono tutto con un correttore sulle occhiaie e un caffè formato industriale da asporto. Solo che la tua è vita vera, non Hollywood, e l’unico red carpet che conosci è lo zerbino rosso della vicina con scritto “Welcome”, anche se lei l’inglese non lo parla ma meglio essere gentili con gli ospiti, si sa mai…

Sarà colpa del buio, sempre lì a renderci più vulnerabili di quel che in realtà si è davvero, o sarà per i pensieri non metabolizzati concretamente durante la giornata. Sarà che forse non si dedica il giusto tempo al “pensare” come attività a sé stante. Ma è di notte, quando ti svegli per vari motivi, che la tempesta avanza. Sembra uno di quei temporali estivi, con i nuvoloni neri in lontananza; pensi di schivarli, che c’è ancora il sole e sicuramente non pioverà a breve, e prendi la bici così arrivi a casa più in fretta…ma in men che non si dica sale la brezza e la pioggia è più fitta che mai. L’irruenza dei pensieri notturni è la stessa e tu, impotente, ti rigiri tra le coperte cercando di spegnere il cervello, ma niente da fare, il meccanismo si è innescato e la mente è ormai partita per una corsetta di quelle “oggi voglio sudare anche il pranzo di Natale dell’anno scorso”.

Che poi cerchi di vedere la cosa razionalmente, di rassicurarti. Stanotte sentivo ancora le parole di mia mamma quando ero piccola Tutti stanno bene, il papà dorme qui vicino, la mamma dorme qui vicino, tua sorella dorme qui vicino e anche tu puoi fare nanna tranquilla…e con un po’ di sforzo trasponevo la situazione a parecchi anni di distanza. “Dai, su, un pensiero felice e via con Morfeo!”. Ma niente, nessun effetto, se non quello di riflettere ancora di più sul tempo passato e, ovviamente, sui massimi sistemi. E Morfeo nel frattempo ti ha mandato a cagare, e chiedo scusa per il francesismo.

Allora cominci con le strategie, tipo parlare alla tua testa, come se foste due entità distinte: “Ehi, lassù, amica! È tutto ok? No perché qui vorremmo anche dormire, prima o dopo. Fai te, quando vuoi eh…spegniti pure!” e ti convinci pure che funziona. Poi l’errore! Lo fai, controlli l’orologio, giusto per capire da quanto tempo il tuo cervello ti ha abbandonato per organizzare il carnevale di Rio con amigdala e compagnia bella. Disastro! Mai lasciarsi tentare dai numerini sulla sveglia, che poi è automatico il calcolo delle ore che restano da dormire, o almeno per provarci. La mia reazione è stata Ok, ora mi alzo e faccio il bucato, così, per dire…

Mi sono alzata davvero, ma invece del bucato ho optato per la classica tazza di latte caldo (molto cinematografica anche questa, tra l’altro), come se nella calma della cucina potesse trovare pace anche la mia materia grigia. Ci ho creduto eh, ho messo pure un po’ di miele, ma mentre il mio corpo reclamava a gran voce il piumone, la mia testa stava ancora ballando la samba ubriacandosi di caipirinha in Brasile, durante il sopraccitato carnevale, e soprattutto non aveva intenzione di smettere.

Torno a letto e con due rudimenti di training autogeno e tanta, tanta pazienza, finalmente chiudo gli occhi e non li riapro per un po’. Giusto il tempo di abbozzare un sogno e…qualcuno dalla camera a fianco mi reclama a gran voce! E io che mi ero proiettata nella maternità anche con quell’idea, quell’immagine che avere un figlio fosse tutto (o perlomeno tanto) colazioni e merende da far invidia alle pubblicità. Non credete alla Mulino Bianco…Non è un caso se ora le pubblicità le fa Banderas con una gallina!

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