Quello di stasera voleva essere un post sulla prima pappa. Poi ho visto il telegiornale e l’articolo sulla prima pappa mi è sembrato di una pochezza irrispettosa. Beninteso, lo scriverò un post un po’ ironico e forse spiritoso con questo tema, ma non stasera. Non dopo i pensieri che mi ha suscitato la visione del TG. Con il titolo Madri in guerra non intendo scrivere di noi in guerra con qualsiasi difficoltà dell’essere madre, mi riferisco proprio a quelle madri costrette a vivere dentro la guerra con i loro piccoli, obbligate a far vivere l’atrocità di un conflitto ai loro bimbi.
Questa sera, vedendo immagini terribili, truci e ingiuste di paesi in guerra, mi sono immedesimata in quelle donne e quelle mamme che devono affrontare quotidianamente queste situazioni di pericolo e di morte. Ho avuto paura. Ho avuto una profonda stima per il loro coraggio nel cercare di farcela. Ho avuto il più sincero affetto per loro. Ho avuto una nitida sensazione di impotenza.
Pensare anche solo per un attimo di dover superare le difficoltà di una guerra è già devastante di per sé; immaginare di doverlo fare con il proprio bambino, ancora così indifeso e inconsapevole di tutto il male di cui siamo capaci come esseri umani, così ingenuo e vulnerabile, è disumano. Ho provato a mettermi nei panni di queste “madri nella guerra” e credo di non essere riuscita ad avvicinarmi, neanche lontanamente, all’orrore che devono provare ogni giorno, ogni istante. Il terrore di quello che può capitare non può essere spiegato, ma lo leggi fin troppo chiaramente negli occhi di quelle donne.
Stasera ho visto immagini di madri disposte a rischiare tutto per fuggire da una vita di stenti e di barbari maltrattamenti, che cercano un futuro vivibile, che vogliono giustizia per i loro figli, che chiedono aiuto per una condizione di vita più umana. Non so cosa può voler dire dover superare situazioni molto al di là dell’umanamente accettabile, a maggior ragione con un figlio accanto, che vorresti solo proteggere da qualsiasi avversità. Non starò a scrivere di quanto mi sia chiesta il perché di una così ingiusta disuguaglianza tra la mia situazione e la loro; andare ad esaminare i motivi politici, gli interessi economici e le cause di tali scompensi sociali è un dovere che spetta ad ognuno di noi, nella speranza che così ci si possa accorgere di quanto potremmo fare per gli altri. Voglio scrivere del fatto di aver quasi provato vergogna per la fortuna di essere nata in un paese in pace: perché a me sì e a quelle madri no?
Ho preso mio figlio in braccio, pensando a quelle mamme e a come non smetterei mai di abbracciare il mio bimbo se fossi nei loro panni, quasi come se la mia stretta potesse metterlo al sicuro. L’ho guardato mentre mi sorrideva e mi sono chiesta se anche i piccoli ripresi nelle immagini avessero ancora il diritto di un sorriso, o se oltre alla sicurezza e alla libertà avessero tolto loro anche la felicità, quella vera, quella di un bambino che ancora non conosce il Male.
Mi accorgo, con rammarico, che spesso, anche inconsapevolmente o in modo subdolo, la mia attenzione viene attirata da tante (troppe) banalità, quando invece ci sono fatti ben più importanti a cui andrebbe dato veramente il peso che meritano. Ho guardato mio figlio e gli ho chiesto, da grande, di lottare per un mondo più giusto. Io cerco di farlo, per lui, per quelle madri in guerra e per i loro piccoli. Mi piacerebbe, un giorno, vedere un TG pieno dei loro sorrisi.